Comma 566. Cari medici, non abbiate paura

Comma 566. Cari medici, non abbiate paura

Comma 566. Cari medici, non abbiate paura

Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro delle competenze avanzate. Tutte le potenze della 'vecchia Sanità' si alleano per una santa caccia spietata a questo spettro. Parafrasando l’illustre filosofo tedesco ed ebreo di Treviri è quello che sta succedendo dall’inizio dell’anno: un comma inserito nella legge di stabilità, conosciuto da mesi nella fase preparatoria della legge stessa perlopiù ignorato in tale fase, una volta divenuto norma definitiva diviene oggetto di dibattito e di interpretazioni, talora distanti e contrastanti; addirittura su questo ottimo quotidiano on line, si è teorizzato il superamento della legge 42/09 per effetto del mitico, per molti, comma 566 nefasto, per pochi.

Sembrava di ripercorrere gli annunci (falsi) sul web della morte improvvisa di Cristian De Sica (al quale auguro lunga vita essendo ambedue coevi); vorrei tranquillizzare tutti i lettori non solo la legge 42/99 non verrà né abolita né superata con questo comma avrà la sua massima spendibilità, cosa sinora poco realizzata.

Mi permetto modestamente di ricordare che fui io, nella mia veste di allora di consigliere per le professioni sanitarie nel primo Governo Prodi, insieme a pochissimi altri, tra cui l’on. Danilo Morini, relatore della legge 833/78, a proporre non solo l’abolizione dei mansionari ma a respingere la proposta di riformarlo, adeguandolo alle nuove competenze e ci inventammo quella formula dinamica ed originale per cui il campo proprio di attività di ciascuna delle 22 professioni sanitarie è dato dai contenuti del decreto istitutivo del profilo, degli ordinamenti didattici di base e post base nonché dei codici deontologici; sarebbe quanto mai strano ed originale che questa dinamica ed originale formula legislativa, confermata ed ampliata nella portata dalle leggi 251/00 e 43/06 tesa non solo a rendere irreversibile qualsiasi ritorno indietro (ricordo che si conquistò la valorizzazione di queste professioni con uno degli atti minori della Pubblica amministrazione qual è un Decreto del Ministro ed invece con la legge 42/09 furono fissati per legge) ma a considerarlo solo un punto di partenza e non di arrivo: quindi nulla di statico bensì competenze in continua evoluzione in relazione all’evoluzione scientifica, tecnologica nonché formativa ed ordinamentale.

Sarebbe quanto mai originale che dopo 15 anni contribuissi al superamento della legge 42/99; infatti la norma non parla né esplicitamente nè implicitamente di abolizione o superamento della legge 42/09, anzi da questa legge come viepiù dalle leggi 251/00 e 43/06 trova il fondamento legislativo dal quale partire per prevedere la loro massima spendibilità: l’obiettivo primario di questo mitico comma 566 è quello di dar corso ad Accordi Stato Regioni che ampliano da una parte le attuali competenze ora di infermieri e TSRM e quanto prima delle altre 19 professioni di ostetrica, tecnico-sanitarie, della riabilitazione e della prevenzione e dar vita all’incompiuta cioè la posizione di specialista, prevista sia nei decreti dei profili ben 21 anni fa e dalla legge 43/06 e null’altro e vi pare poco?

Certo la norma, pur nella sua immediata efficacia, non è certamente bella, ma è quello che passa il convento e come il brutto anatroccolo si evolverà in bel cigno; per la verità il Ministero della Salute l’aveva proposta in forma diversa, anche se il contenuto è sostanzialmente lo stesso e per correttezza di informazione di seguito la riporto:

Art. (Disposizioni in materia di professioni sanitarie)
1. Ferme restando le esclusive competenze riservate ai laureati in medicina e chirurgia in materia di atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi , cura e terapia, al fine di valorizzare le risorse professionali, anche nell’ambito dei processi di riorganizzazione dell’assistenza territoriale, con Accordo tra Governo e Regioni, previa concertazione con le rappresentanze scientifiche, professionali e sindacali dei profili sanitari interessati, sono definite le modalità per riconoscere e promuovere lo sviluppo delle competenze, e le relative responsabilità professionali, delle professioni sanitarie infermieristiche-ostetrica, tecniche della riabilitazione e della prevenzione, anche attraverso l’eventuale acquisizione di ulteriore formazione complementare post laurea.
2. Sulla base di protocolli concordati e condivisi tra le professioni interessate, secondo le modalità individuate con l’Accordo di cui al comma 1, sono altresì definite le competenze eventualmente esercitate da due o più professioni sanitarie, fatta salva la titolarità della professione che ne ha la competenza primaria.
3. Dall’attuazione della presente norma non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Ricordo che il Ministero della Salute, ed il Governo tutto ha convenuto, ha individuato la fonte di questa norma nell’art. 5 punto 15 del Patto per la Salute 2014/2016 nell’ambito delle disposizioni relative all’assistenza territoriale, il quale prevede che: “Per un efficientamento del settore delle cure primarie, si conviene che e importante una ridefinizione dei ruoli, delle competenze e delle relazioni professionali con una visione che assegna a ogni professionista responsabilità individuali e di equipe su compiti, funzioni e obiettivi, abbandonando una logica gerarchica per perseguire una logica di governance responsabile dei professionisti coinvolti prevedendo sia azioni normativo/contrattuali che percorsi formativi a sostegno di tale obiettivo”.

Per dare attuazione a questo obiettivo si è, quindi, reso necessario adottare una norma di rango primario che consenta di definire, attraverso un apposito Accordo tra Governo e Regioni, le modalità per riconoscere e promuovere lo sviluppo delle competenze, e le relative responsabilità professionali, delle professioni sanitarie infermieristiche-ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, anche attraverso l’eventuale acquisizione di ulteriore formazione complementare post laurea, prevedendo la concertazione a tal fine tra le rappresentanze professionali, scientifiche e sindacali di queste professioni con le professioni mediche e le altre professioni sanitarie abilitate con laurea specialistica: è questo l’unico ed esclusivo obiettivo che, Governo e Regioni, affidano al comma 566.

La norma proposta prevede, inoltre, che con protocolli concordati e condivisi tra le professioni interessate, ovviamente tra medici ed altri professionisti sanitari laureati magistrali e le professioni sanitarie infermieristiche-ostetrica, tecniche, della riabilitazione e delle prevenzione sulla base di modalità individuate con il medesimo Accordo, siano definite ulteriori competenze avanzate e specialistiche di quest’ultime: null’altro prevede quindi qualsiasi altra interpretazione è fuorviante.

Dall’attuazione delle disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (questo non vuol dire che chi svolgerà le competenze avanzate o specialistiche lo farà a costo zero, ovviamente) ma al contrario una razionalizzazione della spesa sanitaria in quanto la valorizzazione ed integrazione delle risorse professionali, in coerenza con l’evoluzione formativa ed ordinamentale degli operatori sanitari, consente l’implementazione di modelli organizzativi più adeguati ai bisogni di salute dei cittadini, nei quali si realizza, nell’ambito del quadro normativo vigente soprattutto in materia di assistenza territoriale, un efficientamento delle risorse umane, sia nel lavoro individuale che all’interno di equipe multi professionale, con conseguente miglioramento della qualità dei servizi di assistenza.

Per chi teorizza che questo contenuto sarebbe dovuto esser compreso nell’emanando disegno di legge delega ex art, 22 del Patto per la salute 2014-2016, vorrei far presente che i rappresentanti del Governo e delle Regioni hanno concordato che tale questione per il suo impatto immediato per l’attuazione del Patto stesso fosse giusto ed indispensabile che fosse immediatamente operativa e quindi risolta da subito nella legge di stabilità. Senza polemica, vorrei ricordare, comunque, che la magistratura in Toscana in due distinte occasioni non ha ravvisato alcun esercizio abusivo della professione medica nelle anticipazioni che tale Regione da anni svolge in modelli di competenze avanzate delle professioni infermieristiche e di tecnico saniatrio di radiologia medica (TSRM), convinta che già l’attuale legislazione in materia lo consente.

Pertanto il comma 566 ha teso più che a disciplinare "ciò che si può già fare", perché già si può fare a legislazione attuale, le modalità con le quali si può fare portando a rango di norma primaria la garanzia, peraltro già contenuta nelle due proposte di accordo sulle competenze avanzate per gli infermieri e per i TSRM, già condivise dal Ministero della Salute e dalle Regioni, che il tutto non solo venga disciplinato da specifici Accordi Stato-Regioni ma e soprattutto che si realizzi attraverso la concertazione tra le rappresentanze sia professionali che scientifiche e sindacali delle professioni interessate cioè, lo ripeto sino alla noia, medici compresi naturalmente.

Sarà che ho fatto il dirigente sindacale ai tempi di Lama, Carniti e Benvenuto, quindi nell’altro millennio, ed avendo avuto come colpa o come merito di aver contribuito in quell’epoca a costruire anche all’interno del sindacalismo confederale la presenza organica della rappresentanza medica ma se una controparte mi avesse offerto, per legge, di concertare l’organizzazione del lavoro mi sarei buttato a capofitto...ma evidentemente sono troppo vintage oppure l’epoca buia della legge Brunetta ha atrofizzato qualsiasi voglia di concertazione. Ma questo rilancio “contrattuale” del ruolo delle rappresentanze professionali quali attori del processo messo in essere non solo è presente nel comma 566 ma è già presente nelle due proposte di accordo sulle competenze avanzate degli infermieri e dei TSRM, infatti si prevede che:

Art. 3 (Modalità e percorsi per lo sviluppo delle competenze professionali)
1. Lo sviluppo delle competenze e delle responsabilità, basato sulla formazione, sulla ricerca e sull’esperienza professionale acquisita in ambito lavorativo, ha come riferimento le norme deontologiche, le disposizioni normative e amministrative relative ai contenuti dei profili professionali e gli ordinamenti formativi universitari, nonché le scelte di programmazione nazionale e regionale, per migliorare la presa in carico della persona, la continuità assistenziale fra ospedale e territorio, il governo dei bisogni assistenziali, sanitari e socio sanitari delle persone, delle famiglie e della comunità assistita
2. Le regioni e le province autonome, previo confronto con le rappresentanze professionali e sindacali, definiscono, all’interno del processo di accreditamento professionale, i criteri per lo sviluppo delle competenze degli infermieri e la conseguente revisione dei modelli organizzativi, sia ospedalieri che territoriali, a iniziare dall’organizzazione dei presidi ospedalieri per intensità di cure e dai modelli per complessità assistenziale, in relazione alle esigenze regionali e professionali.
3. Con riferimento al comma 2, le regioni e le provincie autonome, sulla base di una specifica intesa con le rappresentanze sindacali e professionali, definiscono, in collaborazione con l’università, entro 180 giorni dall’approvazione del presente Accordo, i percorsi attuativi e i criteri per riconoscere pregresse specifiche esperienze, nonché i percorsi formativi da effettuarsi in ambito regionale o aziendale, anche ai fini dell’attribuzione dei crediti formativi universitari (CFU).

Quindi, confronto al punto 2 ed intesa al punto 3 con le rappresentanze delle professioni interessate (nei due accordi in questione tra infermieri e medici e tra TSRM, medici e fisici sanitari), sono i due assi centrali dell’impianto delle competenze avanzate che fanno sì che le stesse non possono che realizzarsi attraverso la condivisione, la compartecipazione e la concertazione delle professioni sanitarie interessate e non potrebbe che essere così per potere dispiegare il massimo di efficacia e di efficienza: pertanto, qualsiasi paura che questo processo possa suscitare non ha ragione di esistere. Per dovere di cronaca, come risulta anche da tanti articoli apparsi su questo Quotidiano, tutti i sindacati della dirigenza e del comparto nonché tutte le rappresentanze di ordini, collegi ed associazioni di tutte le professioni sanitarie sono state più consultate sulla bozza di accordo delle competenze delle professioni infermieristiche tant’è che la prima versione è stata completamente cambiata a seguito di questa consultazione e sull’attuale testo vi è stata altrettanta consultazione.

Inoltre nella proposta per i TSRM sono state concordate, anche con le rappresentanze dei medici radiologi e dei fisici sanitari, quali specializzazioni prevedere per questa professione e quali nuove competenze specialistiche prevedere: questo metodo esemplare è quello che si vorrà adottare per le altre professioni cioè un’intesa tra le professioni interessate, medici compresi, naturalmente. Certo la norma parla di "fermo restando le competenze specialistiche e complesse dei medici" e per estensione degli altri dirigenti sanitari: non vedo nessun pericolo da questa norma che evolve e non arretra rispetto a quanto previsto dalla legge 42/99 che parlava di “fatte salve le competenze delle professioni mediche” quindi tutte e non solo le complesse e le specialistiche.

Come ho già scritto su questo quotidiano, saranno determinate dalla concertazione tra le professioni interessate in forma dinamica e non statica sulla base dell’evoluzione scientifica, tecnologica, formativa ed ordinamentale: prima dei nuovi profili varati dal Ministero della Salute nel 1994, alcune competenze ritenute esclusive del medico ora vengono svolte normalmente dagli infermieri e nessun medico li rivendica…altrettanto succederà per altre competenze; né si ravvisa alcun spacchettamento di competenze tra medici ed altre professioni né pazienti divisi in due….ma che scherziamo?

Del resto lo stesso fenomeno è successo mutatis mutandis per le professioni infermieristiche quando furono varati prima il profilo di OTA e poi quello di OSS per collaborare con essi sollevandoli di alcune incombenze nel processo assistenziale: si giunse ad affermare che il togliere una padella o un pappagallo ad un paziente o una paziente era un’esclusiva competenza sanitaria perché dal colore e dal tipo di feci o urina si concretizzava la diagnosi infermieristica: oggi se un laureato in infermieristica è costretto ad effettuare queste mansioni o altre ora di competenza dell’OSS urla che è demansionato!

E’ evidente che un processo di diversa organizzazione del lavoro in sanità che potrebbe essere avviato dalle competenze avanzate delle professioni sanitarie non potrà che avere ripercussione nel rapporto tra queste ed il personale appartenente ai profili di operatore di interesse sanitario ad iniziare dagli OSS; in questa fase potrà finalmente ad essere spendibile il documento elaborato dallo specifico Tavolo tecnico sulla funzione, programmazione e formazione dell’OSS, concordato con tutti i sindacati del comparto sanità, le Federazioni dei collegi degli infermieri e delle ostetriche nonché con il Migep.

In questo quadro si colloca con forza la questione del divario tra l’attuale realtà lavorativa della gran parte degli esercenti le professioni infermieristiche-ostetrica, tecnico-sanitarie, della riabilitazione e della prevenzione tra il loro status di professionisti laureati e la condizione operativa, rimasta in larga parte del SSN ferma a modelli desueti pre-riforma: questa contraddizione potrà essere superata dall’attuazione estesa e diffusa delle nuove competenze avanzate e specialistiche che per essere dirompente e positivo dovrà comprendere la parte più estesa possibile dei professionisti, rendo attuale e spendibile il processo di emancipazione degli infermieri e degli altri professionisti sanitari.

Naturalmente, come testimoniano “i primi territori liberati” in Italia e soprattutto le consolidate esperienze degli altri Stati europei ed extraeuropei i medici non hanno nulla da perdere anzi solo da guadagnare in una migliore condizione lavorativa in un processo integrato, unitario ed unificante di valorizzazione di tutte le professioni sanitarie, medici compresi, e di tutti gli operatori del SSN: questa è la vera coevoluzione delle professioni; parafrasando il già citato filosofo di Treviri “ lavoratori di tutto il SSN unitevi; i filosofi hanno solo interprato la sanità in diversi modi; il punto è di cambiarla”.

Certo il nuovo può mettere paura soprattutto nella fase attuale nella quale alla risorsa umana e professionale si sono chiesti sacrifici immensi ma, si creda, è un passaggio obbligato per uscirne.

Saverio Proia

Fonte: Quotidiano Sanità - 09 febbraio 2015

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