5 marzo 2015 Buon compleanno UIL - 65 anni di futuro

5 marzo 2015 Buon compleanno UIL - 65 anni di futuro

5 marzo 2015 Buon compleanno UIL - 65 anni di futuro

5 marzo 2015: è il 65° compleanno della UIL. Sono trascorsi tanti anni e per un’organizzazione sindacale confederale raggiungere determinati “traguardi” significa la conferma che le idee e l’impegno, dedicato alla costruzione di questa nostra casa, hanno creato un punto di riferimento importante per la storia di tanti lavoratori.

L’Istituto di Studi Sindacali Italo Viglianesi ha nel recente passato voluto sottolineare come questo percorso ideale fosse un ponte lanciato verso tutte le generazioni. Infatti, oltre a rinverdire il ricordo e l’opera di tanti protagonisti del socialismo e delle laicità - italiani che hanno preparato il terreno per far mettere le radici a quelle idee che segneranno la nascita della UIL - c’è lo sforzo perché queste idee non vengano dimenticate o sottovalutate.

La UIL, quindi, resta il soggetto che ha nei lavoratori la propria ragione di essere, portandola come un sigillo nella storia italiana. Nel confronto con gli altri corpi sociali, il sindacato non è il residuo di un’epoca lontana, tanto meno il baluardo della retroguardia difensiva.

I partiti politici hanno sempre cercato di rappresentare gli interessi di una parte della società, oppure “del mondo”, arrivando persino a vagheggiare che il cambio del proprio nome potesse incarnare la novità della proposta che si stava attendendo, per far diventare più attraente la visione della società; o addirittura, arrivando a introdurre sfide più grandi di quelle di cui ha bisogno il Paese.

La UIL resta e resterà sempre quello strumento che ancora oggi i lavoratori scelgono liberamente; il soggetto pronto per rappresentare interessi diffusi e condivisi. Tanto più che questa concretezza dedicata a chi lavora e ai pensionati, ha suscitato un risentimento nei confronti del mondo sindacale, proprio per l’inalienabilità dei diritti delle fondamentali necessità degli interessi dei lavoratori, che si esprimono nella rappresentanza.

In questo contesto bisogna rilevare che anche in questa stagione l’aspetto più inquietante è che non potendo rompere la relazione tra rappresentanza e rappresentati, è stata necessaria la strategia del cambio delle modalità contrattuali e del mercato del lavoro. Ossia se non si riesce ad emarginare il sistema di collegamento tra i lavoratori e il sindacato, bisogna cambiare le regole del lavoro. Tuttavia, questa operazione di emarginazione è sempre destinata al fallimento. Perché anche nelle più profonde variazioni il bisogno di sindacato si è sempre affermato.

Nel 1950 l’Italia era in ricostruzione. Dal mondo del lavoro giungevano grandi aspettative, logorate tuttavia, da una grande disoccupazione e una diffusa povertà. A questi aspetti si aggiungevano una lotta politica estrema e una conflittualità permanente. In questo solco di vivacità e di difficoltà si inseriscono nel dibattito politico le scelte diverse che le componenti riformista e repubblicana hanno gettato al centro del dibattito sindacale per ottenere risultati qualificanti, in quanto capaci di attrarre attraverso idee diverse una parte del mondo del lavoro.

Questi aspetti erano stati compiutamente illustrati da Italo Viglianesi in un’intervista apparsa su La libertà d’Italia il 9 febbraio 1950. Commentando la situazione sindacale Viglianesi sottolineava come, nonostante si parlasse di indipendenza ed apartiticità, il sindacato sia socialista, ma “E’ proprio il grado di influenza che tali partiti esercitano verso i sindacati che costituiscono l’essenza più o meno democratica di questi ultimi. E’ chiaro che un sindacato diretto da uomini legati alla disciplina di un partito totalitario o confessionale non potrà mai essere sufficientemente libero e democratico”.

Era l’apertura ad una terza forza socialista, democratica ed indipendente che raccogliesse anarchici, cattolici non schierati, repubblicani, indipendenti. In forza di questa appartenenza d’area era naturale immaginare una sostanziale unità sindacale laddove, oltre le appartenenze, si individuavano l’interesse e la tutela dei lavoratori, l’autonomia politica, la concezione classista del movimento operaio. Da queste premesse a distanza di qualche settimana, il 5 marzo 1950, tutte queste anime insieme costituirono la UIL.

Questa visione di collocazione ideologica doveva da subito coinvolgere tutti coloro che aspettavano un segno per liberarsi dagli schieramenti, sicuramente più forti, comunista e democristiano. Il riformismo di Buozzi aveva trovato una nuova casa. Le vicende che nei tempi successivi hanno segnato le tappe dell’evolversi dell’azione sindacale della UIL, non hanno mai tradito queste origini. Infatti, è fondamentale ricordare come le chiavi di lettura di tutti gli atti di natura contrattuale o di natura economica siano sempre stati ispirati da un’attenzione ai bisogni dei lavoratori, ad un’educazione al rispetto delle regole democratiche, alla forte volontà di giungere ad un punto di sintesi, alla ricerca costante del confronto e della crescita dell’organizzazione, con la certezza di rappresentare l’idea che i lavoratori debbano essere sempre difesi.

L’appartenenza politica ha contribuito non poco alla crescita democratica della UIL. La presenza contemporanea di tre componenti, che storicamente hanno fondato la UIL, ha pesato nell’elaborazione di documenti che venivano votati dagli organi. Consentendo però di crescere nella capacità di mediazione. E quando la discussione e il confronto divenivano aspri, tanto da produrre doppi documenti o distinzioni particolari, non si sfociò mai in conflitto aperto; anzi indipendentemente dalla vita interna dell’organizzazione, la UIL si è sempre presentata unita nelle scadenze e nei confronti delle controparti.

La fine della prima Repubblica ha segnato per l’Organizzazione l’inizio della svolta. I partiti di riferimento sono scomparsi o hanno ridotto la loro capacità di agire, tanto da determinare una sorta di corto circuito sulle forme di rappresentanza. Infatti, il sindacato è stato il volano che ha permesso la transizione tra le due repubbliche, permettendo alla politica, successivamente, di riprendersi gli spazi dopo un periodo di assenza e di smarrimento.

Tuttavia, anche senza partiti di riferimento diretto, come era all’epoca di Viglianesi, resta l’aspirazione e la partecipazione perché si costruisca ogni giorno un sindacato socialista riformista, laico ed indipendente. Resta nelle sue strutture, nella difesa dei diritti, resta nella proposta politica e sindacale, resta nella scelta di aderire alla UIL che milioni di lavoratori hanno compiuto, compiono e compiranno in totale libertà.

 

BUON COMPLEANNO UIL!

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