8 novembre: gli infermieri italiani in piazza con tutti i lavoratori dei servizi pubblici

8 novembre: gli infermieri italiani in piazza con tutti i lavoratori dei servizi pubblici

8 novembre: gli infermieri italiani in piazza con tutti i lavoratori dei servizi pubblici

Sono passati 20 anni da quando 50.000 infermieri italiani scesero in piazza per rivendicare il loro diritto al riconoscimento professionale e la possibilità di offrire ai cittadini una assistenza più qualificata. Oggi, come allora, gli infermieri si stanno  preparando  a  manifestare  il  prossimo  8  novembre,  insieme  a  tutte  le  categorie  del pubblico impiego di CGIL CISL e UIL, in difesa dei diritti del lavoro e dei diritti di cittadinanza.

In  questa  occasione  riteniamo  fondamentale  evidenziare  anche  le  gravi  criticità  in  cui  versa  la nostra professione.

Gli infermieri italiani sono stanchi di restare inascoltati dal Governo e dalle Regioni, sono stanchi di vedere disattese le loro richieste. Attualmente, dei 420.000 infermieri operanti in Italia, 300.000 sono  dipendenti  del  Servizio  Sanitario  Nazionale,  rappresentando  circa  il  50%  degli  operatori operanti nel settore. A causa delle rigidità e dei tagli lineari imposti al pubblico impiego, anche la professione  infermieristica  è  entrata  nell'elenco  delle  professioni  soggette  alla  precarietà, soprattutto se si pensa che attualmente circa 25.000 infermieri neo laureati sono disoccupati o in cerca  di  lavoro  stabile. 

Paradossalmente  gli  infermieri  in  servizio  sono  costretti  a  turni  e reperibilità massacranti, che mettono a repentaglio la sicurezza e la qualità dell’assistenza che ognicittadino  merita  a  garanzia  del  diritto  alla  salute  sancito  dalla  Costituzione.

Ma la  mancanza  di ricambio  generazionale  ha  portato  anche  ad  un  progressivo  invecchiamento  della  popolazione infermieristica, aggravato dall’ingiusto rifiuto di far rientrare la nostra professione nella normativa relativa  ai  lavori  usuranti.

E’  arrivato  il  momento  di  mettere  fine  alle  ipocrisie:  continuare  col blocco del turnover, coi tagli lineari e con la mancata stabilizzazione dei precari, vuol dire ridurrel’area del servizio pubblico.

Quello che serve, invece è un serio riassetto del sistema, - a partire dalla introduzione di nuovi modelli organizzativi che tengano conto della complessiva evoluzione delle professioni sanitarie - che riduca sprechi ed inefficienze, recuperando risorse da reinvestire nella valorizzazione degli operatori e nel miglioramento della qualità dei servizi.

E  cosa  dire  dei  continui  blocchi  contrattuali  che  si  protraggono  ormai  da  5  anni?  Nell'ultimo quinquennio gli infermieri hanno perso circa il 20% del proprio potere di acquisto e, se passerà la proroga  del  blocco  contrattuale  anche  al  2015,  così  come  previsto  nella  legge  di  stabilità  del governo Renzi, finiremo col perdere un quarto del nostro stipendio. Per non parlare degli effetti che tutto questo avrà sulle future pensioni. Invece di proporre una vera revisione strutturale della pubblica amministrazione anche questo governo preferisce fare cassa sulla pelle dei lavoratori e su quella dei cittadini destinatari dei servizi.

Il mancato rinnovo dei contratti blocca non solo i salari ma impedisce l’aggiornamento del sistema di riconoscimento delle condizioni di disagio in cui operano gli infermieri , fermo ormai da 14 anni, la  possibilità  di  regolamentare  anche  per  loro  l’accesso  alla  libera  professione,  la  revisione dell’assetto  ordinamentale  per  riconoscere  equamente  responsabilità  e  competenze  che  sono cresciute in modo esponenziale.

Anche  peggiore  la  situazione  dei  nostri  colleghi  della  sanità  “privata”  ma  che  eroga  servizi  per conto  del  SSN.  L’assenza  di  regole  vincolanti  che  garantiscano  il  riconoscimento  del  valore  del lavoro  all’interno  della  tariffa  pagata  dalla  Regione  consente  alle  imprese  e  alle  associazioni datoriali  di  praticare  un  ricatto  salariale  non  solo  col  mancato  rinnovo  dei  contratti  ma  con  la continua minaccia di applicazione di ccnl peggiorativi sul piano economico e normativo. Per questo chiediamo  un  contratto  di  filiera,  basato  sulle  competenze  professionali  e  non  sulla  natura  – pubblica o privata – del datore di lavoro.

Non possiamo tralasciare infine l'odissea legata al riconoscimento delle competenze avanzate e specialistiche, che stagna ormai da più di due anni sui tavoli ministeriali e regionali. E’ un altro chiaro  esempio  della  mancata  volontà  di  mettere  in  campo  gli  interventi  veramente  necessari, quelli in grado realizzare maggiore qualità delle prestazioni, migliori condizioni di lavoro per tutti ed un uso più efficace delle risorse umane e strumentali.

È spiacevole constatare che per gli aspetti legati alla nostra professione l'Italia rappresenta uno dei fanalini di coda rispetto alle altre realtà comunitarie ed extra comunitarie. Nell'ultimo rapporto OCSE, il nostro paese si è piazzato solo al 22° posto nella classifica di 38 paesi per adeguatezza del numero di infermieri in rapporto agli abitanti.  

Per  questo  alla  manifestazione  dell’8  novembre  il  motto  del  nostro  Coordinamento  è  “non  c’è sanità senza infermieri”, una frase non scelta a caso ma che vuole ricordare come, ferme restando le competenze di ogni professione sanitaria, gli infermieri sono i principali garanti della continuità del processo assistenziale e come senza la presenza di questa fondamentale figura l’intero sistema sanitario non potrebbe funzionare.


UIL FPL – Coordinamento Nazionale delle Professioni Infermieristiche

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