Andrea Bellingeri, infermiere Pavese trionfa ai JWC Awards

Andrea Bellingeri, infermiere Pavese trionfa ai JWC Awards

Andrea Bellingeri, infermiere Pavese trionfa ai JWC Awards

Infermiere appassionato, innovatore, ricercatore, da sempre impegnato nella formazione e con un occhio attento sugli altri, vicini e lontani, soprattutto ai più deboli, siano essi malati cronici, anziani o bambini e adulti del Sud del mondo.

Nei giorni scorsi Andrea Bellingeri, 57 anni, infermiere del San Matteo, fondatore dell'Associazione infermieristica per lo studio delle lesioni cutanee e volontario dell'Associazione italiana di nursery sociale, ha vinto il premio internazionale del Journal of wound care, consegnato a Londra per la migliore ricerca di laboratorio/preclinica.
Insieme a una squadra fatta di medici, chimici e farmacisti si è aggiudicato il Jwc awards con la ricerca "Qualità delle medicazioni avanzate, un primo step verso l'identificazione di criteri condivisi e procedure oggettive per la valutazione delle loro performance".

Nel team ci sono anche Natascia Mennini del dipartimento di Chimica dell'università di Firenze, Francesco Petrella, medico responsabile della formazione della rete aziendale di riparazione tissutale dell'Asl Napoli 3 e presidente Aiuc (Associazione italiana ulcere cutanee); Francesco De Vita, responsabile del servizio farmaceutico territoriale dell'Asl Lanciano - Vasto - Chieti; Alessandro Greco, medico responsabile del poliambulatorio extraospedaliero dell'Asl di Frosinone.

«Sono due anni che lavoriamo a questa ricerca - racconta Bellingeri - uno studio interdisciplinare nato da un'esigenza pratica: trovare criteri per valutare la qualità di una medicazione e poter giudicare quale sia più adatta a un determinato tipo di ulcera o lesione. Abbiamo analizzato diverse medicazioni avanzate presenti sul mercato e fatto test per stabilire caratteristiche e quale medicazione sia più adatta in determinate condizioni. Un lavoro sperimentale necessario anche per permettere alle commissioni di valutazione italiane di lavorare su dati più precisi».

Da trent'anni Bellingeri è considerato uno dei massimi esperti in gestione delle ferite complesse come lesioni da pressione, piaghe da decubito, ferite derivanti da problemi circolatori, legate al diabete o al cancro.
Da 20 anni fa consulenze dentro e fuori dal San Matteo e ha fatto parte di commissioni regionali come quella che ha introdotto i primi codici rimborsabili per gli Ambulatori ulcere che, dall'anno scorso, sono entrati nei Lea.

Bellingeri è stato anche tra i primi infermieri a fare ricerca in quest'ambito: «Le prime ricerche Aislec - racconta - furono usate per le linee nazionali del Piano sanitario, fui chiamato a Roma dai ministri della salute Rosy Bindi e Umberto Veronesi». E nei prossimi giorni, su impulso del direttore ad interim di Chirurgia Vascolare Marco Benazzo, direttore del dipartimento di Scienze chirurgiche, terrà una lezione ai seminari periodici del dipartimento mentre il mese prossimo farà lezione alla scuola di specialità di Chirurgia. «Sono pochissimi i centri specializzati in Italia - racconta - noi al San Matteo siamo un punto di riferimento e stiamo costruendo una rete per diffondere queste pratiche e questa attenzione alla gestione delle ferite, fondamentale soprattutto per i malati cronici. E da tre anni è stato istituito anche un master infermieri diretto dal professor Enrico Maria Marone che specializza infermieri pronti e preparati sul settore».

Al centro di tutto ci sono i pazienti cronici: «Un'ulcera - spiega Bellingeri - può durare trent'anni, spesso sono da gestire a domicilio: il 40% dei pazienti assistiti con le domiciliari hanno ulcere cutanee, il loro trattamento assorbe molto tempo da parte dell'infermiere che se ne occupa. Spesso inoltre si tratta di medicazioni complesse da gestire, con familiari accudenti ultra ottantenni che difficilmente riescono a occuparsene. Il tasso di mortalità per il piede diabetico post amputazione è pari a quello del tumore al colon, oltre 60% a cinque anni. Anche le ulcere profonde hanno un tasso di mortalità elevato. Per questo è fondamentale fare rete con il territorio e continuare con le attività formative per chi fa le domiciliari».

Fonte la Provincia Pavese del 18 Marzo 2018 Artcolo di Anna Ghezzi

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